Il Museo di Zoologia dell'Università di Bologna

 

 


 

 

 

 

 

 

 
Note introduttive
     Il Museo di Zoologia dell'Università di Bologna è stato per oltre un secolo annesso all'omonimo Istituto completandone i compiti di insegnamento e di ricerca; con la recente fase di riorganizzazione dell'Università fa ora parte, assieme al Museo di Anatomia Comparata ed all'Erbario ed Orto botanico del Dipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale. Questa connessione, che sarebbe più giusto chiamare dipendenza, del Museo da altre strutture ha spesso mortificato una sua naturale vocazione didattica e divulgativa per un più vasto pubblico; appare infatti evidente che molti dei preparati esposti, di cui spesso si ha ricca documentazione nella biblioteca del Dipartimento, possono avere un preciso e talvolta importante significato per gli "addetti ai lavori", ma appaiono ben poco comprensibili ai "profani". Fatta questa necessaria premessa va anche aggiunto che se lo zoologo interviene per decodificare questi messaggi nascosti certi aspetti più semplici ed immediati dell'esposizione  possono suscitare un proficuo interesse e costiture un utile aggiornamento naturalistico per chiunque lo desideri. E' in questo spirito che queste pagine sono state redatte, ed è in questo spirito che si sta lavorando perchè il Museo possa essere letto o quanto meno mediato per un pubblico vasto a cominciare addirittura dalla scuola dell'obbligo. Queste pagine non rappresentano quindi che una piccola guida del Museo che se non può essere considerata di lunga durata, in quanto la sequenza espositiva sarà soggetta a mutamenti, resterà comunque ancora per molti anni di aiuto in quanto è stata posta particolare attenzione ad illustrare materiali "classici" che potranno essere sostituiti ma non eliminati dalle future ostensioni.
Cenni storici

L'attuale raccolta di reperti esposti nasce all'interno della più ampia accezione di Museo di Storia Naturale, quindi a fianco di altre raccolte, soprattutto botaniche e mineralogiche, attorno alla metà del XVI secolo a seguito della cessione delle collezioni Aldrovandiane. A queste si aggiunsero quelle del Marchese F. Cospi e del Conte L. F. Marsigli. Questo patrimonio è oggi in gran parte disperso fra varie istituzioni o è ancora frammisto, ma spesso non riconosciuto, ad altre raccolte che si sono venute sviluppando soprattutto nel XIX secolo. Per interessamento di C. Ranzani e di G. Bianconi vennero infatti acquistati esemplari al Jardin des Plantes di Parigi, compiute specifiche raccolte in Italia, ed acquisita la collezione zoologica del Mozambico tuttora esposta quasi integralmente in due vetrine del primo piano del Museo.

            Nel 1860 il Museo di Storia Naturale viene smembrato in Zoologico, Geologico e Mineralogico mentre già agli inizi del secolo erano state alienate la raccolte relative all'Anatomia comparata. Negli anni successivi si ha una stasi dell'istituzione e bisogna aspettare l'inizio del '900 perchè con Ghigi si abbiano nuove ed importanti acquisizioni come la collezione di  Vertebrati d'Abruzzo di Altobello, la collezione di Coleotteri di Fiori, la collezione di trofei di caccia africani del marchese Pizzardi la collezione ornitologica italiana Zaffagnini Bertocchi e i numerosi reperti raccolti da Ghigi stesso e dai suoi collaboratori nelle Isole Egee, in Cirenaica, in Messico e in Guatemala oltre che naturalmente in Italia. L'influenza politica e scientifica di Ghigi, che fu anche Rettore dell'Ateneo bolognese e Senatore del Regno d'Italia, portò alla realizzazione di un nuovo edificio che fu, ed è tuttora in parte, sede di Istituti o Dipartimenti che si occupano di Biologia animale, e al centro del quale fu voluto un grande spazio espositivo destinato appunto al Museo.

            Il Museo di Zoologia dell'Università di Bologna nella sua composizione e costituzione può dunque essere visto come documento dello sviluppo del pensiero e della ricerca naturalistica attraverso i tempi. Il suo inizio costituisce l'atto di nascita dei Musei come luoghi di raccolta di materiali di studio e di dimostrazione oltre che di reperti sempre più numerosi provenienti dalle terre lontane che a mano a mano vengono scoperte in seguito ai grandi viaggi geografici. Amplia le sue raccolte con gli studiosi che rivolgono il loro interesse a tutti i dominî naturali compreso quello marino segnando quindi la nascita dell'oceanografia. Si arricchisce dei materiali raccolti durante alcune delle numerose spedizioni scientifiche italiane e delle donazioni di privati il cui interesse per la natura è molto vario, andando da una sorta di amore romantico contemplativo all'amore possessivo e distruttore dei grandi cacciatori del passato. Si configura infine nella esposizione di parte degli animali per aree geografiche come conseguenza del concetto evoluzionistico neodarwiniano. Considera infine l'attuale mondo dei viventi come il frutto di una convivenza fra i vari organismi di un medesimo ambiente (biocenosi) rappresentato, sia pure in maniera sommaria, nei due grandi diorami dei parchi nazionali d'Abruzzo e del Gran Paradiso (si veda la finestra).

 

Il percorso generale

E` ovvio che in poche pagine non è possibile nè dare una descrizione di ciò che può essere visto nel corso di una visita, nè spiegare l'interesse di tutti gli oggetti o il loro significato nello sviluppo delle conoscenze zoologiche, da qui la scelta di presentare un percorso generale di tutto il Museo seguendo un itinerario continuo accompagnando il visitatore "profano" a soffermarsi su qualche preparato non necessariamente bello, raro, importante, ma talvolta solo curioso per alcuni aspetti biologici o semplicemente ben realizzato. Va comunque sempre ricordato che un  qualunque Museo non si esaurisce nella sua zona ostensiva in quanto non ha solo funzione didattica, ma anche funzioni di conservazione e di ricerca. Al di fuori degli spazi di visita si trovano quindi altri locali in cui le collezioni vengono correttamente preparate, conservate, restaurate, studiate o messe a disposizione degli studiosi interessate ad esse.

            Nella prima vetrina che si incontra nell'atrio, a sinistra della scala di accesso al piano terra del museo, si trovano due pezzi eccezionali in quanto si tratta di Uccelli ormai estinti; uno scheletro della testa di Alca impennis  con a fianco un modello in grandezza naturale dell'animale e un Piccione migratore (Ectopistes migratorius ). Al di sotto di queste rarità si trova anche una coppia di fagliani di cui il maschio è il capostipite della razza ornamentale dei Fagiani dorati gialli selezionata da Ghigi.

            Sulla parete a sinistra di questo contenitore ci sono tre vetrine che contengono i materiali  zoologici studiati da C. Ranzani (1775-1841) cui si è già fatto cenno.

            Continuando a girare a sinistra si incontra il primo diorama del Parco Nazionle d'Abruzzo (vedi finestra) e di fronte ad esso inizia la serie di vetrine di Uccelli che occupa praticamente tutto il piano. Gli Uccelli esposti sono suddivisi non in base a criteri sistematici, ma per regioni zoogeografiche, cioè per zone della terra con affinità faunistiche. Tali regioni sono chiaramente raffigurate in alcune carte esposte fra le vetrine all'interno delle quali vengono anche precisate, per maggiore chiarezza, le zone geografiche corrispondenti a tali regioni.

            Le prime vetrine sono relative alla regione Etiopica, che comprende l'Africa a Sud del deserto del Sahara e l'Arabia meridionale. L'attenzione del visitatore è subito attratta dalla coppia di Struzzi (Struthio camelus ) corridori incapaci di volare caratterizzati, fra le altre cose, dalle due robuste dita del piede. Vicine le Galline faraone, le Volturine e le Guttere  esclusive di tale regione zoogeografica. Più avanti si possono osservare i Bucorvi, caratterizzati da una sorta di duplicatura superiore del becco che nel Bucorvo abissino (Bucorvus abyssinicus ) è aperta anteriormente. Appariscente per le colorazioni è il Gruppo di Nettarinie, Uccelli che, come dice il nome, si nutrono del nettare dei fiori facilitandone l'impollinazione. Sono superficialmente simili ai Colibrì o Uccelli Mosca in quanto con essi  condividono le abitudini alimentari; tecnicamente si dice che Nettarinie e Colibrì mostrano una convergenza adattativa di caratteri. Gli Uccelli topo , ad abitudini gregarie, devono il nome al fatto che, visti da lontano, possono sembrare dei roditori dalla lunga coda quando si arrampicano agili e veloci sui tronchi degli alberi. Molto caratteristici sono i due nidi di Tessitori così detti per la loro abilità nel tessere appunto dei nidi chiusi superiormente e con l'entrata su di un fianco.

            Due sole vetrine sono dedicate alla regione Malgascia, comprendente il solo Madagascar che alberga una fauna peculiare. Esclusivi sono i Leptosomatidi a cui appartiene Lepistotomus discolor che vive in branchetti di una diecina di individui nelle foreste dove caccia soprattutto insetti, ma anche piccole lucertole arboricole.

            La Sottoregione Neozelandese, la prima illustrata nella serie di vetrine sulla parete opposta all'ingresso del Museo, fa parte insieme a quella australiana e delle isole oceaniche della regione detta Notogea, ma le faune della Nuova Zelanda e dell'Australia sono sufficientemente diversificate da invocare appunto una distinzione in sottoregioni. Due dei tre uccelli più caratteristici che vale la pena considerare sono o incapaci di volare in quanto atteri come il Kiwi (Apterix australis ), simbolo della Nuova Zelanda, o quanto meno cattivi volatori in quanto muniti di ali rudimentali o corte come il pappagallo notturno (Strigops habroptilus ). Questa coincidenza di caratteri in specie differenti (altro esempio di convergenza adattativa) pare correlata all'assenza di predatori terrestri autoctoni comparsi solo dopo le colonizzazioni europee. E proprio l'introduzione di tali predatori ha portato sull'orlo dell'estinzione queste e tante altre specie. Anche il Nestore notabile (Nestor notabilis ) è vittima della civiltà, con l'introduzione delle pecore che hanno in parte modificato il suo ambiente, da  vegetariano si è trasformato in carnivoro, trovatosi infatti a corto di cibo ha preso ad assalire gli ovini per cibarsene.

            La sottoregione Australiana è rapprersentata da alcuni uccelli molto noti fra cui vale la pena di citare L'Emu (Dromiceius novaehollandiae ) che si può considerare il corrispondente australiano dello struzzo, l'Uccelo lira (Menura superba ), il più grosso fra i passeriformi con i maschi dalla caratteristica coda, in grado di imitare voci umane o versi di altri animali e il Cacatoa bianco (Kakatöe galerita ) che per i danni che provoca a molte coltivazioni, soprattutto a quelle di granturco è spesso oggetto di caccia. Molto belli sono i pappagalli policromi apparteneneti alla sottofamiglia dei Platicerchi fondamentalmente australiana. Gli Uccelli giardinieri,  affini agli Uccelli del Paradiso, sono così detti in quanto i maschi attraggono le femmine con danze che si svolgono in una sorta di giardino costruito delimitando un'area con dei ramoscelli piantati nel terreno e abbellendolo con oggetti policromi, come conchiglie, fiori o foglie. Il Talegalla o Cateturo (Alectura lathami ) è un galliforme i cui maschi costruiscono nidi, costituiti da ammassi di foglie, di anche quattro metri di diametro e uno di altezza. La femmina, o talvolta più femmine, depongono le uova nel nido a una trentina di centimetri di profondità. Non è necessaria alcuna cova in quanto dalle foglie in decomposizione si sviluppa il calore.

            La regione indoaustraliana, zona di tranzizione fra la Notogea e la Regione Indiana o Orientale, è una sorta di stretto ponte formato da serie di isole più o meno grandi che rendono graduale il passaggio fra le faune delle due regioni. Fra le isole più grandi la Nuova Guinea ospita una specie esclusiva di grandi dimensioni, il Casuario (Casuarius casuarius ), parente stretto dell'Emu, caratterizzato da una sorta di elmo sul capo nudo e colorato; al maschio, più piccolo della femmina, spetta la cova delle tre o più uova verdi deposte e l'allevamento dei pulcini. Curiose sono pure le Gure, senza dubbio i più grandi e appariscenti colombiformi viventi. Il vanto ornitologico della Nuova Guinea sono però senza dubbio gli Uccelli del Paradiso famosi per lo splendido piumaggio dei maschi poligami che viene dispiegato durante le lunghe parate nuziali.

            La Regione Indiana o Orientale comprende l'Asia a Sud dell'Himalaia e parte dell'arcipelago Indo-malese, fra i moltissimi Uccelli tipici senza dubbio uno dei gruppi più importanti per l'uomo è quello dei Galliformi. Nelle vetrine relative a questa regione sono infatti conservati alcuni galli selvatici da cui hanno tratto origine le nostre forme domestiche, e una nutrita serie di Fagiani fra cui alcune rarità come il Mikado (Syrmaticus mikado ), il Fagiano di Edwards (Hierephasis edwardsii ) o quello di Swinhoe (Hierephasis swinhoii ) tutti ormai sull'orlo dell'estinzione. I Buceri o Calai, a cui appartiene l' Aceros plicatus subruficollis  qui esposto o il Bucorvo abissino già visto, sostituiscono nel vecchio mondo i Tucani dell'America; sono in gran parte arboricoli, frugivori od onnivori. Peculiare è il nido, situato nelle cavità degli alberi, che viene murato dal maschio in modo da lasciare solo un'apertura sufficiente per porgere il cibo alla femmina che rimane prigioniera durante tutta la cova e l'allevamento della prole. Le Dendrocigne infine sono un gruppo di anitre tropicali distribuite in tutti i Continenti, ad esclusione dell'Europa. Sono anche dette anitre fischianti per il loro verso caratteristico; fra di esse Dendrocigna javanica  ha le penne delle ali che, durante il volo, producono un sibilo.

            La Regione Paleartica è quella che ci interessa più da vicino in quanto comprende tutta l'Asia a Nord dell'Himalaia ad eccezione dell'Arabia meridionale, l'Africa a Nord del deserto del Sahara e tutta l'Europa. Fra i primi uccelli che si incontrano si noti la gazza marina (Alca torda ), parente prossimo, ma più fortunato, dell'Alca impenne già vista; è infatti ancora abbondante in tutto l'Atlantico settentrionale e può, durante la cattiva stagione, giungere fino alle coste mediterranee. Segue una serie di vetrine che contengono la Collezione Zaffagnini Bertocchi di Uccelli italiani. Si tratta certamente di una delle collezioni più complete del nostro Museo esposta pressochè integralmente e per questo molto istruttiva per coloro che desiderano acquisire una particolare conoscenza dell'avifauna italiana; si noti che non sono presenti solo le specie più comuni, ma anche molte che sono state avvistate o catturate solo raramente o anche accidentalmente.

            La Regione Neartica, cioè l'America settentrionale è modestamente rappresentata nelle collezioni in ostensione; spiccano un certo numero di Quaglie americane di un certo interesse anche per l'economia umana in quanto feroci divoratrici di insetti, in particolare di quel terribile Coleottero che è la Dorifora della patata, vero flagello per le coltivazioni di quel tubero. Forse però la più interessante fra le specie neartiche esposte è il tacchino selvatico, da cui deriva il tacchino domestico, unica specie di animale domestico importato dal Nuovo nel Vecchio Mondo.

            Interrompendo a questo punto la visione della serie di vetrine, ci si può volgere a destra per osservare in una bacheca isolata un grazioso gruppetto di Oche Lombardelle (Anser albifrons ), specie paleartica che nidifica nell'estremo nord dell'Europa ma viene regolarmente a svernare, come tante altre specie, nel bacino del Mediterraneo. In Italia è nota una sola stazione si svernamento nella piana di Manfredonia da cui provengono questi esemplari.

            La regione Neotropica che comprende l'America Centrale e Meridionale è ricchissima di uccelli tropicali dai colori vistosi e brillanti che molto spesso e in varie epoche, compreso quella attuale sono stati assunti a simbolo dello stato o del suo capo; è il caso ad esempio del Fornaio rosso (Furnarius rufus paraguayensis ), uccello emblema della Repubblica Argentina, qui preparato con il suo caratteristico nido di terra impastata, a forma appunto di forno. Il Quetzal (Pharomachrus mocinno ) è famoso invece per essere l'uccello sacro nelle civiltà precolombiane; delle sue penne infatti potevano ornare il casco solo gli imperatori Aztechi. Non vanno poi dimenticate le Are, grandi pappagalli policromi, che si distinguono dagli altri per il becco molto grosso, la coda lunghissima e soprattutto per le gote nude, prive cioè di piume e i Tucani che sono il gruppo forse più caratteristico e comunque esclusivo di questa regione. Sono facilmente identificabili per l'enorme becco leggero solitamente giallo o a vistosi colori utilizzato per sgusciare la frutta di cui si nutrono. Molto curioso è l' Hoazin (Opisthocomus hoazin ) la cui caratteristica veramente unica nell'ambito delle specie viventi di Uccelli è il possesso, da parte dei piccoli, di un artiglio su un dito mobile dell'ala; mediante questo i neoanti implumi sono in grado di lasciare il nido arrampicandosi sui rami degli alberi.

            La prima serie di vetrine ortogonali alla parete sinistra del Museo contengono una splendida collezione di Colibrì o Uccelli Mosca fra i quali quelli donati da Papa Pio IX provengono dalle Missioni Cattoliche del Sud America. Si tratta di 228 esemplari di oltre un centinaio di specie differenti. Questi piccolissimi uccelli si nutrono succhiando con la lingua lunghissima il nettare dal fondo delle corolle dei fiori e con questo alimento assumono anche piccoli insetti necessari per un'integrazione proteica della loro dieta. Non esclusiva, ma certamente peculiare in questi Uccelli è la colorazione brillante e metallica delle penne che è di origine fisica; la luce che colpisce questi uccelli viene infatti scomposta dalla particolare struttura delle barbule delle penne e, riflessa, dà i caratteristici fenomeni di iridescenza. Il Nandu (Rhea americana ) o Struzzo americano è la quarta specie somigliante allo Struzzo che si può incontrare nella visita; anche per questo abitatore della Pampa la cura della prole è affidata al maschio poligamico.

            Tornando verso l'ingresso incontriamo il Diorama del Parco Nazionale del Gran Paradiso e tre vetrine in cui sono raccolti i reperti di L.F. Marsigli (1658-1730).

            Al centro della sala si trova un esemplare di rinoceronte indiano o rinoceronte unicorno (Rhinoceros unicornis ) deceduto alla fine dell'Ottocento a Bologna durante la visita di un circo e preparato dal tassidermista del Museo. Subito dietro un cranio di Ippopotamo (Hippopotamus amphibius ) che poggia su di un supporto i cui piedi sono dati dall'estremità delle zampe dell'ippopotamo stesso. Il cranio è montato in modo da rendere possibile l'apertura delle mascelle per esaminare la dentatura fra cui spiccano incisivi e soprattutto canini che sono a crescita continua. Simmetrica alla vetrina degli Uccelli estinti una seconda vetrina che contiene una coppia di Fagiani Argo preparata in modo da mostrare il caratteristico corteggiamento del maschio che mette in mostra soprattutto le penne ocellate delle ali, a differenza del Pavone, che dispiega invece le grandi penne della coda.

            Per concludere il giro del piano terra mancano le cinque grandi vetrine che si trovano proprio di fronte all'ingresso e che contengono una collezione di trofei di caccia provenienti essenzialmente dalla Regione Etiopica, preparati dalla famosa casa di tassidermia Roland Ward di Londra e donati al Museo dai marchesi Pizzardi. Si tratta essenzialmente di antilopi e gazzelle, ma vi sono anche altri preparati come la testa del rinoceronte bicorne o nero (Diceros bicornis ) che differisce da quello indiano già visto per la presenza di due corna e la mancanza delle caratteristiche pieghe della pelle o il Facocero (Phacochoerus aethiopicus) una sorta di maiale selvatico caratteristico per le escrescenze ossee del muso. In mezzo a tanti grandi mammiferi vi è anche un piccolo carnivoro, la Mellivora (Mellivora capensis ) abile nello scavare e quindi saccheggiare il miele degli alveari (in Africa molte api costruiscono nidi sotterranei). Al di sopra di questa serie di bacheche al centro si trova una testa di Antilocapra, Ruminante Nordamericano caratterizzato da corna formate da processi ossei (come nei cervi) ma non destinate a cadere e riformarsi ogni anno e che sono rivestite da astucci cornei (come nei buoi) biforcati e caduchi e più in alto ancora, appeso al soffitto, un grande Pesce luna. Questi colossi che possono raggiungere il peso di alcune tonnellate vivono anche nell'Adriatico e proprio quest'esemplare è stato raccolto morto su una spiaggia romagola; capita infatti non di rado che questi animali debilitati da qualche parassita (spesso vermi solitari) si arenino.

            Due rampe di scale, una a destra e una a sinistra portano al primo piano. Si consiglia di salire la rampa a sinistra dell'ingresso in modo di trovarsi di fronte alle prime vetrine. Sul muro a metà della scalinata si incontra un esemplare imbalsamato di Testuggine liuto (Dermochelys coriacea ) arenatosi sulla spiaggia di Anzio alla metà del '700 e donato da papa Benedetto XIV all'Istituto delle Scienze. Si tratta della più grande tartaruga vivente potendo raggiungere i due metri di lunghezza e il peso di 700 chili.

            Le prime due serie di vetrine accolgono una serie di animali raccolti in Mozambico inviati al Museo di Storia Naturale da Fornasini a metà del XIX secolo e studiati da vari professori dello Studio Bolognese.

            Da questo punto in poi l'ordinamento delle vetrine segue sostanzialmente un criterio sistematico, sono cioé via via rappresentati i  diversi gruppi animali secondo una crescente complessità. Anche il profano si renderà conto che questa sequenza è altamente incompleta e ciò è dovuto sia a carenza di materiali, sia a difficoltà di musealizzazione di certi animali, sia infine ad un vero disinteresse per molti gruppi da parte di coloro che negli anni si sono succeduti alla guida del Museo. E' ovvio che un primo intervento di rinnovamento della struttura espositiva terrà proprio nel debito conto tali lacune.

            La stragrande maggioranza di esemplari di spugne esposte appartiene alla Classe delle Demospongie o spugne coloniali che comprendono anche le specie officinali. Solo in un ripiano sono esposte tre differenti specie di spugne vitree che devono il loro nome alla natura silicea (vetrosa) del loro scheletro.

            Anche i Celenterati, che possono presentarsi sotto le due forme differenti di polipo fisso al fondo e di medusa che invece galleggia a mezzacqua, sono rappresentati in maniera non omogenea. La gran parte delle vetrine è infatti occupata da colonie di Gorgonacei, a cui appartiene anche il Corallo rosso (Corallium rubrum ), e di Madreporari. I primi nonostante la varietà di forma e colorazione, sono facilmente riconoscibili in quanto hanno il medesimo tipo di sviluppo su di un piano. Le madrepore, chiamate coralli bianchi in maniera impropria in quanto nulla hanno a che vedere con il corallo rosso, sono i maggiori costruttori, con i loro scheletri calcarei, delle formazioni coralline cioè le scogliere, le barriere e le isole coralline o atolli. Caratteristiche sono le Fungie anch'esse madrepore tipiche delle formazioni coralline ma anomali in quanto solitarie e mai coloniali. Al termine delle vetrine dei Celenterati si trovano alcuni scheletri di colonie del corallo nero, molto pregiato, che si rinviene molto raramente in Mediterraneo.

            Con un notevole "balzo" sistematico la prima serie di vetrine del lato maggiore del Museo propongono un certo numero di conchiglie di Gasteropodi che ne rappresentano solo in minima parte l'estrema varietà di forme e colori. Fra le specie esposte spiccano le orecchie di mare pescate sia per scopi alimentari che per la produzione di bottoni di madreperla; i Tritoni usati tuttora come trombe nelle Isole Egee; le Cassis da cui si ricavano i Cammei; i Coni che sono in grado di iniettare attraverso uno speciale apparato un potente veleno che, in taluni casi, può essere letale anche per l'uomo. Si passa quindi ai Molluschi Bivalvi introdotti con i loro giganti, le Tridacne, la cui conchiglia fu talvolta usata come acquasantiera. Il piccolo blocco di roccia esposto fra le altre conchiglie contiene alcuni Bivalvi perforatori. Anche alcuni Molluschi Cefalopodi (polpi e seppie per intendersi) possiedono una conchiglia esterna; è questo il caso del Nautilus, unico superstite di antiche forme che presenta appunto una conchiglia esterna concamerata (come mostra la sezione) in grado di accogliere completamente nell'ultima camera il corpo retratto dell'animale. Le altre camere possono venire riempite o meno di gas permettendo al mollusco di spostarsi verticalmente nella colonna d'acqua. Di differente origine e significato sono invece le pseudoconchiglie di Argonauta (Argonauta argo ) prodotte dalle femmine per accogliere le uova deposte.

            Il Phylum degli Artropodi (animali con arti articolati) che è il più ricco e diversificato del Regno Animale è rappresentato in maniera del tutto inappropriata, sono infatti esposti materiali relativi a solo tre Classi: quella dei Merostomi, quella dei Cirripedi (Balani e Lepadi) e quella dei Malacostraci (ad esempio Aragoste, Gamberi, Granchi), a fronte delle 16 in cui è articolato il Phylum. Ai Merostomi appartengono gli Xifosuri (Limulus ) ultimi rappresentanti viventi di un gruppo di Artopodi che proprio per la loro antica origine sono chiamati "fossili viventi".

            La serie di vetrine che segue rappresenta uno dei vari esperimenti di come si vorrebbe fosse modificata parte della esposizione del Museo di Zoologia. Si tratta di quattro pannelli che rappresentano tre differenti livelli di lettura e di approfondimento relativi al Phylum dei Molluschi. Si passa infatti da una presentazione generale del gruppo con esempi e schemi relativi alla sua diversificazione, all'analisi di maggior dettaglio di due Classi minori, quelle dei Monoplacofori e degli Scafopodi, e infine all'esame di peculiari caratteristiche che consentono lo studio sistematico-evolutivo di altre due Classi più importanti, quella dei Gasteropodi e quella dei Bivalvi.

            Scarna è la rappresentanza degli Echionodermi (stelle e ricci di mare), in tempi recenti è stata aggiunta ai materiali esposti una piccola serie di specie Mediterranee preparate a secco ed in buona parte ricolorate in modo da rendere evidente la vasta gamma cromatica di questi organismi.

            I Vertebrati occupano il resto delle vetrine del piano superiore, apre la serie, non rispettando il preciso ordine sistematico, una collezione di pesci d'acqua dolce italiani organizzati secondo alcune caratteristiche biologiche o la tipologia del loro ambiente di vita. Si riprende poi la serie evolutiva con la lampreda di mare (Petromizon marinus )che vive su entrambe le coste dell'Atlantico e migra nei fiumi per la riproduzione, è cioè una specie anadroma. In Mediterraneo la specie è divenuta rara data l'impossibilità di risalire i fiumi per i vari sbarramenti artificiali; un tempo giungeva anche nelle vicinanze di Bologna come testimonia uno degli esemplari esposti pescato a Sala bolognese nel 1909.

            Gli  Elasmobranchi sono rappresentati da pochi esemplari e soprattutto da alcune loro parti, come le mascelle di vari squali, o la coda di una razza, che mostrano alcune delle caratterisitche dei rappresentanti del gruppo.

            Interessanti, dopo gli Storioni, sono i Dipnoi il cui nome è dovuto al fatto che questi pesci primitivi respirano in due modi: per branchie, come tutti gli altri pesci, e per mezzo di un organo sacciforme, posto fra intestino e "spina dorsale", che ha una struttura simile a un polmone. Quest'organo consente loro di respirare l'aria atmosferica nei periodi di secca dei corsi d'acqua in cui vivono. Di grande interesse storico è la collezione di pesci a secco che potrebbe risalire al XVI o XVII secolo. A chiusura della serie di bacheche dedicate ai Pesci una serie di esemplari raccolti lungo le coste dell'Africa Occidentale e imbalsamati negli anni trenta e una bellissima serie di variopinti pesci tropicali delle barriere coralline preparata in anni recenti dall'attuale tassidermista del Museo. 

            A fare da congiunzione fra i Pesci e gli Anfibi è esposta in due vetrine una collezione di questi due gruppi di animali che il dott. Taibel catturò in Guatemala, per conto del prof. Ghigi, durante un soggiorno di circa quattro mesi nel 1932.

            Gli Anfibi Anuri, cioè quelli privi di coda allo stadio adulto, sono rappresentati da alcune forme piuttosto peculiari, ad esempio i Pipidi  in cui le femmine incubano i girini in una serie di tasche del dorso o i Brachicefalidi a cui appartiene il genere Dendrobates  con specie che possiedono ghiandole secernenti un potente veleno utilizzato dagli indigeni per avvelenare le armi. Anche il sangue è velenoso  e di esso si servono i nativi dell'America tropicale per colorare le penne di Pappagalli e Tucani. Un po' di spazio è stato riservato ad alcune specie italiane fra cui la Salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata ), così chiamata per una macchia gialla a V tra gli occhi, che è specie endemica, cioè esclusiva della penisola italiana. Se disturbata ripiega dorsalmente la coda avvolgendola a cerchio mostrando il colore rosso vivo della parte ventrale del corpo. Oltre a questa altri Anfibi Urodeli, provvisti cioè di coda meritano di essere osservati; è il caso della Salamandra gigante del Giappone (Andrias japonicus ) che può arrivare a una lunghezza di un metro e mezzo e al peso di 45 - 50 chilogrammi o degli Ambistomidi, diffusi esclusivamente nel Nordamerica a cui appartengono varie specie che molto spesso mantengono anche da adulte, cioè sessualmente mature, l'habitus larvale; tale condizione è detta neotenia. Ai Proteidi infine appartiene il Proteo (Proteus anguinus ) che vive anche in Italia nelle grotte carsiche friulane ed è caratterizzato, come altri animali che vivono nelle grotte (troglobî in termine tecnico), dalla mancanza di colorazione e dagli occhi rudimentali.

            I Rettili sono inizialmente rappresentati dalle Tartarughe (Cheloni), fra questi la Testuggine azzannatrice (Chelydra serpentina ) e la Testuggine alligatore (Macroclemys  temminckii ) che possiede un'appendice rosa e biforcuta sulla lingua usata come esca per attrarre e quindi catturare i pesci di cui si nutre. Seguono il Tuatara (Sphenodon punctatus ) rimasto ultimo rappresentante dell'Ordine dei Rincocefali; i Gechi dalle curiose lamelle adesive della parte inferiore delle dita che permettono loro di spostarsi addirittura su pareti lisce, verticali e soffitti; gli Agamidi fra cui il Drago volante (Draco volans ) in gradi di planare dagli alberi e gli Iguanidi estremamente simili ai precedenti, ma praticamente esclusivi delle Americhe, fra cui la grossa iguana dai tubercoli (Iguana iguana ), i Frinosomi che possono schizzare sangue dagli occhi e i curiosi Basilischi in grado di attraversare superfici d'acqua senza affondare. La rassegna dei Sauri (cioè Rettili provvisti di squame e con zampe come le lucertole) continua con i Camaleonti, gli Scincidi fra cui le Tilique australiane dalla caratteristica lingua azzurra, i Varani, con i giganti del gruppo lunghi fino a tre metri, le "lucertole americane" della famiglia Teidi, le lucerole vere e proprie e gli Anguidi, come il nostro orbettino (Anguis fragilis ) e lo Pseudopo (Ophisaurus apodus ) privi di arti ed infine l' Eloderma , unico Sauro dotato di apparato venenifero, simile, sotto molti aspetti, a quello degli Ofidi o serpenti. Questi ultimi sono rappresentati con varie famiglie ben note: i Boidi, i Colubridi diffusi anche in Italia con varie specie innocue, i velenosissimi Elapidi a cui appartengono Cobra, Mamba e Serpenti corallo, gli Idrofilidi o Serpenti di mare dal corpo compresso che posteriormente si assotiglia a formare una sorta di pala utilizzata come remo e infine i Viperidi e i Crotalidi che possiedono un paio di zanne mobili, connesse a grosse ghiandole velenifere, detti denti del veleno. Giovani Coccodrilli, Alligatori e Caimani chiudono la serie sistematica dei Rettili a cui seguono alcune vetrine dedicate all'erpetofauna italiana.

            Gli Uccelli imbalsamati e le fotografie che si incontrano nelle vetrine successive rappresentano tutti i principali  Ordini di Uccelli viventi la cui distribuzione è esemplificata attraverso alcune cartine. Nella vetrina iniziale della serie è esposto il calco dell'Archaeopterix , Uccello fossile con forti affinità rettiliane, che è sempre stato considerato un "anello di congiunzione" fra le due Classi.

            L'ultima parte del piano superiore è infine dedicata ai Mammiferi a cominciare dai più primitivi come l'Ornitorinco dal becco simile a quello di un'anitra, l'Echidna e vari Marsupiali. Fra questi ultimi meritano attenzione

il formichiere fasciato (Myrmecobius fasciatus ) e il Gatto australiano (Dasyurus viverrinus ) entrambi in serio pericolo di estinzione sia per le alterazioni dell'ambiente naturale che per l'introduzione di predatori esotici da parte dell'uomo. Rappresentanti di quasi tutti gli Ordini di Placentati sono poi esposti. Gli Insettivori dal caratteristico muso allungato ricco di sensibilissime vibrisse,  i Dermotteri che planano dagli alberi, i Chirotteri o pipistrelli capaci invece di volare attivamente.

            I Primati sono mal rappresentati sia quantitativamente che qualitativamente se si eccettua la bella preparazione di un giovane scimpanzè. Non mancano specie rare come ad esempio i Leontocebi, ma complessivamente la serie è scarna. Armadilli, Formichieri e Pangolini rappresentanti i primi due degli Sdentati e il terzo dei Folidoti occupano lo stesso ruolo ecologico di divoratori di termiti e formiche rispettivamente nel Nuovo e nel Vecchio Mondo.

            Le due serie di vetrine d'angolo accolgono la Collezione Altobello di Mammiferi d'Abruzzo e sono molto interessanti in quanto concentrano gran parte della fauna teriologica italiana comprese anche specie decisamente rare oggi nel nostro paese come ad esempio la lontra o il gatto selvatico.

            Dopo questa interruzione nell'esposizione tassonomica si riprende con i due ordini, distinti in epoca relativamente recente, dei Lagomorfi come le lepri ed i conigli e dei Roditori rappresentati da Scoiattoli, Topi, Ghiri, Istrici, Cincilla (Chinchilla laniger ), dal pelo sottile fitto e sottile usato anche dagli Incas per confezionare stoffe, Cavie e Capibara dalle grossissime dimensioni.

            Una vecchia preparazione di Delfino precede l'esposizione dei Carnivori fra i quali spiccano un maschio di Lince (Lynx lynx ) a cui pare spetti il triste primato di essere uno degli ultimi uccisi in Italia il giorno 1/XI/1909 nella riserva reale di Valdieri in provincia di Cuneo, e una bella preparazione di Ghepardo (Acinonyx jubatus ), realizzata dalla R. Ward di Londra, noto per essere il più veloce fra i mammiferi e uno degli animali più veloci in assoluto. Interessante è anche l'Orso bruno proveniente dalle nostre Alpi dove ormai è rarissimo.

            Le ultime due serie di vetrine accolgono  l'Oritterotropo, una specie di "formichiere" africano unico rappresentante dei Tubulidentati, una Procavia dell'Ordine degli Iracoidei ed infine Artiodattili e Perissodattli, rappresentanti cioè di questi due ordini che annoverano i mammiferi adattati a correre poggiando il corpo su uno o più dita robuste.

            Tornando verso la scalinata da cui si è saliti si incontrano lungo il ballatoio una serie di bacheche in cui sono esposti alcuni Insetti. Si tratta di una rappresentanza minima in rapporto allo sviluppo che la sezione entomologica avrà nella futura esposizione.

            Annesse al Museo sono due stanze, poste al primo piano, dedicate all'"uso" degli animali o di loro parti; sono infatti raccolte zanne, denti, corna, pelli che hanno varia utilizzazione, ma anche esempi di metodi di caccia e di carnieri che, per il generale impoverimento della nostra fauna rappresentano un tragico (o per qualcuno nostalgico) ricordo.

                       

                      Prof.  Bruno Sabelli  

Responsabile del Museo di Zoologia dell’Università di Bologna

 

 

come raggiungere il museo

Per informazioni: www.afae.itwww.sera.it - www.aig-italia.com

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