Esperienze con Brachyraphis roseni |
![]() |
Testo e foto di Alessandro Tozzi | |
|
|
Nel settembre 2004 ho
iniziato ad allevare il Brachiraphis roseni della famiglia dei Poecilidi
provenienti dalla vasca di Diego Montanari, ricevuti a sua volta da un
amico che li aveva raccolti a Panama (nel 2000
?). Inizialmente presi un
gruppetto di cinque giovanissimi pesci di taglia diversa, tutti non ancora
sessualmente maturi. Li introdussi in una vasca già ben avviata lunga un metro (un centinaio di litri). La temperatura dell’acqua dipendeva da quella della casa e dal calore proveniente dal gruppo di accensione dei neon istallato nel coperchio e passava quindi dai 21-22°C notturni ai 22°-23°C diurni, il pH era alcalino (circa 7.5). Ogni 15 giorni effettuavo un cambio di acqua parziale del 20-25%. Per cercare di favorire al massimo la crescita delle piante, oltre a fertilizzare, cercavo di contenere nei limiti la durezza carbonatica (5<KH<7) utilizzando una parte di acqua demineralizzata. Cercavo anche di mantenere un durezza totale compatibile con le specie mantenute (11<GH<14). Gli altri ospiti della vasca erano tre coppie di Xenotoca eisenii ed una di Ameca splendens adulte. La comunità si è
dimostrata sin da subito molto vivace e spesso notavo un preoccupante
livello di aggressività, specie da parte delle Xenotoca, comportamento
che pensavo riconducibile al fenomeno del “fin nipping” secondo quello
che avevo letto per questa specie. Nonostante la
presenza di una ricca vegetazione costituita essenzialmente da Rotala,
Zosterella, Cryprocorine e Lemna, tre dei Brachiraphis più piccoli non
sono riusciti a sopravvivere. Tra le cause di morte ho pensato agli
attacchi degli altri pesci e al sovraffollamento della vasca dovuto anche
alla presenza di nuovi piccoli delle altre specie che nel frattempo erano
nati. Dei due Brachiraphys rimasti presto il più grande accentuò molto il ritmo di crescita sebbene ogni volta cercavo di assicurarmi che tutti i pesci riuscissero ad alimentarsi adeguatamente ad ogni somministrazione di cibo e che i pasti fossero abbastanza vari. La dieta infatti comprendeva mangime in scaglie, larve di zanzara e daphnia liofilizzate oltre che granuli vegetali a base di spirulina. Fino a questo momento non ero riuscito a riconoscere alcuna differenza sessuale tra questi pesci e, notando la crescita veloce di uno dei due esemplari rimasti, mi aspettavo la comparsa dei caratteri sessuali da un giorno all’altro; in particolare la mia attenzione era focalizzata sulla pinna anale che poteva differenziarsi in gonopodio. Dopo quindi aver assistito quasi al raddoppio delle dimensioni di uno dei pesci rispetto all’altro nel giro di qualche settimana e avendo costatato la mancanza del gonopodio, ritenevo verosimile che il Brachiraphis più cresciuto fosse una femmina, supportato anche dal confronto con alcune foto presenti su dei siti web. La mia totale
inesperienza fu evidente quando successivamente mi accorsi che il pesce
ormai adulto era in realtà un maschio che ancora non aveva raggiunto la
piena maturità. Il pesce si mostrava in ottima forma, aveva il corpo con
riflessi celesti metallici e bande verticali scure e le pinne dorsale e
caudale colorate di un acceso rosso-arancio. Il comportamento,
estremamente vivace, includeva sempre più spesso il corteggiamento e
tentativi di copula nei confronti delle femmine mature di Xenotoca, e in
minore misura di Ameca, le sole altre specie presenti in vasca.
In gennaio, passai a
trovare Diego, il quale fu così gentile da regalarmi una femmina adulta
in modo da ottenere finalmente una coppia. A distanza di alcune settimane
dall’inserimento in acquario, la nuova femmina crebbe ulteriormente
raggiungendo una dimensione di circa il 50% maggiore di quella del
maschio. A questo punto avevo un esemplare di sesso femminile di B. roseni
da mettere a confronto con un maschio della stessa specie sperando che
egli riconoscesse la femmina come sua compagna e dedicasse a lei ogni
attenzione. La femmina si comportava in maniera molto diversa dal maschio:
preferiva stazionare in superficie appena sotto il pelo dell’acqua come
se aspettasse cibo, avventandosi su qualunque cosa potenzialmente
commestibile le capitasse a tiro. In oltre, il suo comportamento era
chiaramente intollerante verso ogni altro pesce che capitava nelle
vicinanze, incluso il suo potenziale partner il quale veniva
sistematicamente attaccato e messo in fuga. Di conseguenza il maschio, a
volte attratto dalla grossa femmina ma sempre bruscamente respinto,
sembrava preferire continuare a rivolgere le sue attenzioni agli altri
pesci. A causa delle incessanti insistenze del maschio nei confronti degli
altri pesci progettai di separare in vasche distinte i B. roseni e le X.
Eisenii. Iniziai spostando il maschio di B. roseni in una vasca più
grande. Dopo tanta
confusione, il seguente periodo di tranquillità fu allietato dalla
comparsa di un minuscolo avannotto grigio di un paio di millimetri di
lunghezza che a volte nuotava verso zone meno protette dalla vegetazione
ma che più spesso si nascondeva tra le piante di fondo o
nell’intercapedine tra il filtro interno e la parete laterale della
vasca. Il piccolo presentava
una leggera ombra nera in corrispondenza della pinna anale ed era
evidentemente un neonato di B. roseni e per me rappresentava ovviamente
l’ultimo superstite da salvare di un parto che doveva essere avvenuto a
mia insaputa qualche giorno prima. Sapevo della voracità con cui i
genitori sterminano i piccoli alla nascita se fatti partorire in acquario
e della impossibilità di salvare i piccoli in mancanza di opportuni
accorgimenti. Per questo motivo, dopo alcuni disperati tentativi, riuscii
a catturare l’avannotto e a metterlo in salvo in una apposita vaschetta
nido. Per precauzione decisi anche di isolare la femmina nella vasca in
cui si trovava confinandola in una gabbietta parto in cui avevo sostituito
la rete a maglie fini in dotazione con una rete in plastica a maglie
grosse tali da permettere la fuga di eventuali altri avannotti ma non
della madre, nella eventualità che il parto non fosse ancora terminato.
Il mattino seguente, durante le consuete operazioni di manutenzione della
vasca, scoprii con mia grande sorpresa e gioia un altro minuscolo
avannotto che si aggirava in superficie in un fitto groviglio galleggiante
di rami di Rotala. Passai del tempo a recuperare anche questo secondo
avannotto e mentre cercavo di portare a termine la manovra mi accorgevo di
ancora un altro avannotto che si aggirava nei paraggi. L’operazione finì
quando ebbi finalmente raccolto e trasferito il decimo avannotto. Poiché
nei due giorni successivi non mi parve di vedere alcun nuovo avannotto,
liberai finalmente la femmina dalla gabbia a rete. Successivamente spostai
anche lei nella vasca di dimensioni maggiori dove già avevo trasferito il
maschio. Finalmente, in mancanza di femmine adulte di specie diverse
questa coppia di B. roseni sembra finalmente affiatata con il maschio
spinto a corteggiare e ad accoppiarsi con la femmina. A distanza di circa
sei mesi, dopo l’allontanamento della coppia dall’acquario di
partenza, il piccolo B. roseni resta ancora di dimensioni ridotte e
immaturo; sembra però che la sua crescita abbia preso attualmente una
nuova accelerazione. Mentre le
osservazioni restano in corso, volevo sottolineare dei particolari del
corteggiamento del maschio che mi hanno sorpreso molto. Il maschio, per
costituzione più veloce della femmina, si avvicina inizialmente da dietro
per poi cambiare rapidamente posizione presentandosi di nuovo in tempi
brevissimi da ogni direzione, con la pinna dorsale spiegata. Come seconda
fase, in passaggi estremamente veloci, il maschio cerca di posizionarsi al
di sotto della femmina nuotando parallelamente insieme. Poi, portando a
contatto il capo con quello della femmina dal di sotto, l’accoppiamento
viene portato a termine. Come ultima nota ho
avuto l’impressione di una certa sensibilità del B. roseni ad un
fenomeno che ricorda l’“inprinting sessuale”. Il maschio che ho è
cresciuto in un ambiente in cui non erano presenti altri pesci della sua
specie sessualmente maturi e questo forse potrebbe spiegare il motivo per
cui il maschio ora continua a non preferire la femmina della sua specie se
con lui è presente anche una sola femmina delle due specie con cui aveva
condiviso la vasca al momento della sua maturità sessuale. |
|