AMBIENTE
Fitodepurazione e Sistemi di fitodepurazione di Fabrizio Malaspina |
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L’esigenza di costruire sistemi a sempre minore
impatto ambientale per i sistemi di depurazione di acque reflue
municipali o industriali, richiede considerazioni sempre più legate a
valutazioni di carattere sociale ed istituzionale, oltre che alle
tradizionali valutazioni tecniche. La ricerca di sistemi di trattamento
con esigenze e caratteristiche tecniche "sostenibili" ha
favorito negli ultimi anni lo sviluppo di sistemi che non richiedono
componenti meccanici complessi ad elevato consumo energetico, ma che
tendono a sfruttare appieno la componente "naturale" che sta
alla base di un qualsiasi sistema di depurazione. In quest’ottica si sono sviluppati e diffusi i sistemi di trattamento con fitodepurazione. La fitodepurazione consiste in un tipo di trattamento operato da organismi vegetali che, tramite l’apparato radicale, assorbono gli elementi nutritivi (principalmente inorganici) presenti nell’acqua da depurare; lo sviluppo radicale di queste piante inoltre, funge da punto di adesione per i microrganismi, la cui attività viene favorita dalla liberazione di ossigeno atmosferico che, assorbito dagli apparati aerei della pianta, viene poi trasferito alle radici e liberato nell’ambiente circostante. La formazione di queste "nicchie" ossigenate all’interno del mezzo liquido permette perciò un buon livello di abbattimento della sostanza organica per l’attività degradativa dei microrganismi aerobici eterotrofi. Il principio è quindi quello di utilizzare la normale capacità depurativa che possiedono le zone umide. In effetti le zone umide naturali sono state utilizzate per molti secoli per il trattamento delle acque di scarico prodotte dagli insediamenti abitativi, anche se nella maggior parte dei casi le paludi venivano utilizzate come una sorta di bacino di accumulo prima dello sversamento nel corpo idrico recettore finale e non come veri e propri sistemi di trattamento, con la conseguenza di ottenere irreversibili degradazioni della loro qualità causati dagli scarichi incontrollati dalle acque inquinate. Questo è accaduto fino ad un passato relativamente recente, in quanto le zone umide sono state storicamente considerate come malsane ed inadatte alla vita umana. Tuutavia negli ultimi trenta anni si è invece assistito ad un netto aumento di interesse e ad un radicale cambiamento nella loro considerazione. Sono infatti stati identificati gli svariati benefici forniti dalle aree umide tra cui la possibilità di approvvigionamento di acqua, la buona funzionalità per il controllo idrico (casse di espansione per eventi alluvionali), lo sfruttamento per attività di estrazione (cave di sabbia, di ghiaia e di torba), l’utilizzo delle piante in esse presenti (materie prime per prodotti alimentari, cosmetici e farmaceutici, foraggio, legname, produzione di carta e cartone, materiale per copertura, fertilizzanti), la presenza di animali allo stato libero (volatili acquatici migratori, fonte di abbeveramento per molte specie), la presenza di pesci ed invertebrati (gamberi, granchi, ostriche, cozze, vongole), la possibilità di utilizzo per produzioni integrate (ad esempio piscicoltura abbinata alla coltivazione del riso), il controllo dei fenomeni erosivi e di desertificazione e il grande contributo alla biodiversità, la possibilità di utilizzo come fonti energetiche (idroelettrica, solare, pompe di calore, produzione di gas e combustibili liquidi e solidi), e infine le attività educative e ricreative. La necessità di tutelare le zone umide naturali e l’impossibilità di prevedere con precisione le conseguenze di un apporto di reflui inquinati, sia sull’ecosistema palustre, sia i termini di efficacia della depurazione, ha portato ad una serie di studi svolti alla ricostruzione di sistemi umidi specifici e controllabili per il trattamento delle acque inquinate. L’applicazione di sistemi naturali costruiti (Constructed Wetlands) per il trattamento delle acque reflue rappresenta ormai una scelta ampiamente diffusa in tutto il mondo per il trattamento depurativo di acque reflue civili di piccoli insediamenti e nel post-trattamento di effluenti industriali trattati con sistemi tradizionali. Infatti le aree umide artificiali offrono un maggior grado di controllo, permettendo una precisa valutazione della loro efficacia e la possibilità della scelta del sito, la flessibilità nelle scelte di dimensionamento e nelle geometrie, e, più importante di tutto, il controllo dei flussi idraulici e dei tempi di ritenzione. I sistemi di fitodepurazione basati sulla ricostruzione di zone umide artificiali si possono distinguere in diverse tipologie, brevemente riassumibili nella maniera che segue. Sistemi a macrofite galleggianti; Sistemi a macrofite radicate sommerse; Sistemi a macrofite radicate emergenti; Sistemi multistadio, dati da combinazioni delle tre classi precedenti. I primi due sistemi prevedono la presenza di una superficie di acqua, in maniera similare a quanto accade in natura negli ambienti palustri e lagunari, mentre il sistema a macrofite radicate emergenti consente di operare sia con superfici di acqua (come nei casi precedenti), sia senza superfici esterne di acqua, che permane invece sotto al livello del suolo. Infatti questi sistemi, tra i più diffusi per la loro flessibilità, possono subire una ulteriore classificazione dipendente dal cammino idraulico delle acque reflue: Sistemi
a flusso superficiale (FWS: Free Water System); Sistemi a flusso sommerso orizzontale Sistemi a flusso sommerso verticale Sistemi con macrofite galleggiantiSono costituiti da appositi bacini impermeabilizzata di opportuna geometria e dimensioni, dove transitano le acque reflue. Sulla superficie di queste vengono coltivate apposite piante acquatiche in grado di agire sugli inquinanti e quindi di depurare le acque. Attualmente si conoscono vari tipi di piante acquatiche per trattare acque di scarico, ma quelle con migliori capacità di depurazione e maggiormente utilizzate sono la Lemna (Lemna sp., Spirodela sp., e Wolffia sp), ed il Giacinto d'acqua (Eichhornia crassipes). La lemna, è la più piccola e semplice pianta
galleggiante utilizzata per il trattamento di depurazione di reflui. La
caratteristica principale di tali piante è la rapidità della crescita
che le consente, con opportune condizioni ambientali, di raddoppiare la
superficie coperta in soli 4-6 giorni. Altra caratteristica positiva
della lemna è la resistenza alle basse temperature (temperatura minima
di crescita di 7-8°C) che la rende adatta anche in climi relativamente
freddi. Sistemi a flusso superficiale I sistemi a flusso superficiale consistono in vasche o canali dove la superficie dell’acqua è esposta all’atmosfera ed il suolo, costantemente sommerso, costituisce il supporto per le radici delle piante emergenti. In questi sistemi il flusso è orizzontale e l’altezza delle vasche generalmente limitata a poche decine di centimetri. In questi sistemi i meccanismi di abbattimento riproducono esattamente tutti i fattori in gioco nel potere autodepurativo delle zone umide. sistemi a flusso sommerso orizzontale Durante il passaggio dei reflui attraverso la rizosfera delle macrofite, la materia organica viene decomposta dall’azione microbica, le sostanze azotate vengono sottoposte a processi di nitrificazione e denitrificazione (se in presenza di sufficiente contenuto organico), il fosforo e i metalli pesanti vengono fissati per adsorbimento sul materiale di riempimento. Il contributo della vegetazione al processo depurativo si può ricondurre sia allo sviluppo di una efficiente popolazione microbica aerobica nella rizosfera sia all’azione di pompaggio di ossigeno atmosferico dalla parte emersa all’apparato radicale e quindi alla porzione di suolo circostante, con conseguente migliore ossidazione del refluo e creazione di una alternanza di zone aerobiche, anossiche ed anaerobiche. Questo comporta lo sviluppo di diverse famiglie di microrganismi specializzati e scomparsa pressoché totale dei patogeni, particolarmente sensibili ai rapidi cambiamenti nel tenore di ossigeno disciolto. I sistemi a flusso sommerso assicurano una buona protezione termica dei liquami nella stagione invernale, specie nel caso si possano prevedere frequenti periodi di copertura nevosa. Di seguito si riporta una rassegna di alcune piante avide d'acqua e particolarmente resistenti all'umidità, adatte per la piantumazione dei vassoi assorbenti, in alternativa ed ad integrazione della più diffusa Phragmites sp.. ARBUSTI Aucuba Japonica Bambù Calycantus Floridus Cornus alba Cornus florida Cornus stolonifera Cotoneaster salicifolia Kalmia latifolia Laurus cerasus Rhamnus frangula Spirea salicifoliaThuya canadensis PIANTE ERBACEE Auruncus Sylvester Astilbe Elynus Arenarius Iris pseudoacorus Iris kaempferi Joxes Lytrium officinalis Nepeta musini Petasites officinalis Felci Sistemi a flusso sommerso verticaleLa configurazione di questi sistemi è del tutto simile a quelli appena descritti. La differenza consiste nel fatto che il refluo da trattare scorre verticalmente nel medium di riempimento (percolazione) e viene immesso nelle vasche con carico alternato discontinuo. Per tale ragione questi sistemi hanno la prerogativa di consentire una notevole diffusione dell'ossigeno anche negli strati più profondi delle vasche, e di alternare periodi di condizioni ossidanti a periodi di condizioni riducenti. Le essenze impiegate sono le medesime dei sistemi a flusso orizzontale. Le nuove configurazioni impiantistiche prevedono spesso l’utilizzo di sistemi combinati e propongono l’abbinamento di sistemi orizzontali con sistemi verticali, sia per la riduzione delle aree superficiali necessarie al raggiungimento degli obbiettivi della depurazione, sia per migliorare alcuni processi depurativi come l’abbattimento dell’azoto e del fosforo. Bibliografia consultataAtti del Workshop ENEA: "Zone umide costruite per la depurazione delle acque", Bologna, 25 Maggio 1999. Linee guida per i sistemi di depurazione di piccole comunità dell’ARPA Regione Emilia Romagna. Immagini tratte da
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